La Corte di giustizia, con sentenza cause riunite C-293/12 e C-594/12 Digital Rights Ireland e Seitlinger e a., ha dichiarato invalida la direttiva sulla conservazione dei dati (Direttiva 2006/24/CE).

Con rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, la High Court (Alta Corte, Irlanda) e il Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria) hanno richiesto di verificare la validità della direttiva in relazione ai diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale.

Con la decisione in commento, la Corte ha stabilito che la conservazione dei dati, nelle modalità imposte dalla direttiva, non è di per se idonea ad arrecare pregiudizio ai cittadini, in relazione ai diritti fondamentali del rispetto della vita privata e della protezione dei dati di carattere personale.

Ciò che ha determinato la dichiarazione di invalidità è la violazione di uno dei principi guida nell’esercizio delle competenze da parte dell’Unione, il principio di proporzionalità.  In virtù di esso, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione devono limitarsi a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati (art. 5 TUE).

La Corte ha rilevato che, nonostante la modalità di conservazione dei dati prevista dalla direttiva sia idonea a raggiungere l’obiettivo perseguito dalla stessa, l’ingerenza vasta e particolarmente grave di tale direttiva nei diritti fondamentali non sia stata sufficientemente disciplinata e limitata allo stretto necessario, così violando il principio di proporzionalità.

Per approfondimenti, si rimanda al comunicato stampa n. 54/14 – 8 aprile 2014 della Corte di giustizia dell’Unione europea.